I punti focali della spedizione canadese sono stati gli alloggi, ognuno di loro ha segnato una storia e ha avuto la sua importanza. Dagli hotel di Calgary, al bivacco di Bow; dagli ostelli principali, ai wild hostels, fino ad arrivare al lodge di Radium, presto rinominato “la nostra casa”.
Ci sono ricordi mitici legati a queste sistemazioni. Come le notti festose a Banff, dove abbiamo rimpianto di non avere 20 anni. Oppure le serate al Mosquito, suonando la chitarra e bevendo vodka, mentre Greg correva nudo dalla sauna di pietra al torrente ghiacciato: freddo fuori, atmosfera da campo hippy dentro.
Ovviamente “la nostra casa” ha avuto un ruolo particolare. Qui abbiamo constatato che l'Assiniboine sarebbe stato irraggiungibile, qui abbiamo dovuto ridisegnare i nostri piani.
Così questo pezzettino di America, da semplice luogo di passaggio, è diventata la nostra base per le grandi decisioni. E la proprietaria, una grossa signora in stile redneck, ci ha lasciato libertà totale di movimento, affidandoci di fatto l'intero lodge di cui eravamo gli unici ospiti.
Quelle serate sono vicine alla leggenda, con le grandi grigliate di Prina sulla veranda, condite con litri di birra. La musica, il relax alla luce del tramonto, i mufloni che tiravano potenti cornate agli alberi da frutta. E poi le chiacchierate con il nostro Clint Eastwood, il marito della proprietaria, che col suo aspetto da film western passava a raccontarci le sue storie.
Anche il Bow hut ci ha regalato bei momenti, con il compleanno di Greg festeggiato con dei dolcetti pesanti come macigni e la pasta cucinata sul grande fornello. Il nostro basso profilo da clandestini, la legna tagliata al ritorno dalla cima, il silenzio riempito dallo scrosciare del torrente.
Ogni notte un letto diverso, ogni sera un posto nuovo, arrivando e ripartendo come cavalieri vagabondi, sempre da qualche parte a scrivere la nostra storia.
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