venerdì 28 novembre 2014

Diario Spedizione 2014 (il Duca) - RITORNO


Karkara, 05/08/2014 - giorno 13

Rieccomi a Karkara (versante Kirghizistan).
Ieri, dopo una serie di voci, richieste e incomprensioni, abbiamo saputo che stamattina sarebbe partito un elicottero e avrebbe avuto posto anche per noi.
Alle 5.00, essendo già sveglio, sono uscito dalla nostra tenda e sono rimasto nel silenzio della neve fresca, ammirando le montagne. La giornata era bella, senza vento.
Verso le 7.00 il capo del Campo Base ci fa cenno di preparare i nostri bagagli e di portare tutto sul ghiacciaio perché l’elicottero sta arrivando. Poco dopo infatti il velivolo ci rapisce senza darci neppure il tempo di salutare la nostra montagna.
Ora siamo qui, nella bellissima zona kirghiza della valle di Karkara, nell’attesa del pulmino che ci poterà direttamente ad Almaty. Non siamo infatti riusciti ad ottenere di rimanere qualche giorno qui a Karkara in attesa di anticipare il nostro volo per l’Italia. Stasera saremo in hotel ad Almaty e speriamo di poter spostare il volo il prima possibile.
Dall'elicottero è stato impressionante vedere l’immenso numero di montagne senza nome che costituiscono questa catena.


------------------------------

Almaty, 06/08/2014 - giorno 14

Svegliarmi stamattina in un letto è stato qualcosa di incredibile, è come essere rinati. Per non parlare della ricca colazione, con musica classica di sottofondo, mille posate e sala elegante.
Siamo all’hotel Astra di Almaty dove siamo arrivati ieri sera con il gruppo di rumeni, i due lituani e due russi.
Il lungo viaggio, prima su un vecchio camion militare, poi su un comodo pulmino, è passato piacevolmente. Anche i tempi infiniti per il passaggio della frontiera, coi soliti riti burocratici, sono passati lisci. 
Tenendomi in contatto con la Cinzia, lei e suo papà sono riusciti a spostarci il volo l’8 agosto.
Stamattina ho fatto con Claudio un giro per la città: Almaty è un posto un po’ scoppiato, ma ci ha sorpresi con dei parchi molto vivi, pieni di gente e giostre. E’ poi molto bella la cattedrale ortodossa.
Ora tanto relax in hotel e poi cena fuori.



------------------------------

Almaty, 07/08/2014 - giorno 15

Ci sono situazioni in cui ci si dimentica dove si è e rimane solo la bellezza. Ieri sera la cena è stata così: seduti su un gradino a mangiare hamburger, mentre in mezzo alla strada due ragazze, con violino e violoncello, suonavano pezzi di musica classica. Intorno la gente in silenzio.
Oggi giornata di riposo totale, solo un giro in centro per comprare qualche regalo. 
Siamo finalmente riusciti a stampare i nuovi biglietti dell'aereo, domattina quelli dell'agenzia ci verranno a prendere alle 2.30 per portarci all'aeroporto. Siamo pronti.




-------------------------------

Zelo B.P. 08/08/2014 - giorno 16

Pensavamo oggi sarebbe stata una giornata tranquilla. 
Stamattina alle 2.30 è passato a prenderci lo stesso personaggio che ci aveva portati a Karkara la prima volta. Il nostro aereo doveva partire alle 5.30 e come previsto alle 3.00 eravamo in aeroporto. Con sorpresa abbiamo però trovato che l'aereo era in ritardo e sarebbe partito alle 9.10. Questo voleva dire perdere la coincidenza a Istanbul, cosa che ci ha fatto abbastanza incazzare!
Fortunatamente arrivati in Turchia abbiamo scoperto che anche il nostro volo per Milano era stato ritardato di un paio d'ore, siamo quindi riusciti a prenderlo per un pelo.
Ora sono a casa mia a Zelo. Mi rimangono le foto da far vedere ad amici e parenti e il ricordo di un posto che rimane lontano, ma ben impresso nell'anima.
C'è chi si complimenta per l'avventura e la salita del Chapaeva e chi è rimasto deluso per la mancata conquista del Khan Tengri. E' difficile dire quel che è stato, di certo è stata una gran bella scalata, che le parole potranno al massimo cercare di spiegare.


lunedì 17 novembre 2014

Diario Spedizione 2014 (il Duca) - VETTA


Campo Base, 04/08/2014 - giorni 9; 10; 11; 12

Siamo tornati al Campo Base con in tasca la cima del Chapaeva.
Partiti il 1 agosto siamo saliti in una bella giornata a Campo1 dove abbiamo bivaccato. Nella notte ha nevicato parecchio, ma è passata tranquilla.


Il giorno dopo, smontata la tenda, siamo saliti a Campo2 con gli zaini pesantissimi. Nonostante il notevole carico sono salito molto meglio della prima volta: mi sentivo bene, forte e tutti i dubbi e i timori dei giorni precedenti sembravano svaniti davanti alla scalata della montagna. Bellezza.
Arrivati a Campo2, abbiamo potuto godere di questo posto in modo molto diverso da qualche giorno prima. Il sole infatti scaldava la cupola nevosa dove è posto il campo: le montagne tutte attorno si stendevano maestose come signore al teatro, mentre l'impressionante serpente del lungo ghiacciaio scorreva minaccioso ai piedi della montagna.
Nella conca tra il Campo2 e la cresta Chapaeva-Khan Tengri, abbiamo notato, come una carcassa a pancia in su, un elicottero militare precipitato*.
Scavata la piazzola e montata la nostra piccola tendina, ci siamo messi a sciogliere neve e a cucinare tea e zuppa, poi a nanna. La notte siamo stati investiti da una tremenda tempesta di vento che sembrava strappare la nostra tenda dalla neve a cui era ancorata; fortunatamente la tenda ha retto bene!





























La mattina del 3 agosto esco dalla tenda ansioso di partire per la cima. Ho dormito bene, nonostante l'altezza (5500m) e la bufera. Fa freddo e il tempo non è bellissimo, il cielo è nuvoloso.
Mi metto a sciogliere neve per fare il tea e sveglio Claudio, che però non è riuscito a riposare. Il mio compagno di cordata mi dice che preferisce cercare di dormire un po'e mi lascia libertà di organizzarmi come credo. Per me non si può rimandare la scalata, quindi continuo coi preparativi.
Preparo il tea per me e per Claudio e continuo a sciogliere neve per le borracce di entrambi. Per fortuna Claudio nel frattempo riesce a riprendersi e decide di partire con me. Sistemati gli zaini andiamo.
Io parto carichissimo, con la voglia di scalare, di salire, di godermi la montagna. Salito il primo pendio che costeggia un enorme crepaccio con denti di ghiaccio, giungo in cresta.
Percorro la stretta crestina di neve fino ad un colletto dove inizio a risalire la costa sempre più pendente. Arrivato alla fine delle neve, raggiungo l'attacco della fascia di misto, dove partono le rocce.





Un polacco sta già salendo e fa partire un sasso, poi un'altra scarica e una pietra mi colpisce sul naso. Gli grido dietro! Quindi inizio a salire per la placca rocciosa e verticale.
L'arrampicata è molto fisica; superato un primo salto, giungo ad una sosta e prendo a salire per un ripido pendio di misto, neve e pietrisco.
Il polacco, appeso in sosta, mi lascia passare, ci salutiamo cortesemente.
Giungo ad una lingua di neve che seguo sempre più ripida, fino a passare in un colatoio di ghiaccio vivo dove la via piega a destra. Qui trovo del bellissimo misto, poi ancora roccia ed eccomi sull'ultima cupola di neve.





Ora salgo faticosamente, affondando nella neve fresca. Mi fermo per il collegamento radio, poi traccio gli ultimi passi verso la cima. Un ultimo pendio ed eccomi sulla vetta del Chapaeva (6150m)!
La prima cosa che faccio è tirare fuori dalla tasca il piccolo rosario che mi ha dato mio padre da lasciare in cima e che mi ha accompagnato per tutta la spedizione. Ci faccio una foto insieme, poi mi siedo sullo zaino, proprio sulla vetta: sto alla grande!
Un'ora dopo, insieme alla cordata di austriaci, arriva anche Claudio a cui stringo la mano. Attorno a noi è tutto nuvoloso, solo a tratti escono nel loro splendore il Khan Tengri e le creste nevose.
Quando decidiamo di scendere lego all'ultima sosta (un metro sotto alla cima) il rosario di mio padre da lasciare lì.


Iniziando la lunga serie di doppie ci tuffiamo nelle nubi che diventano sempre più fitte. Quando arrivo a Campo2 sta nevicando intensamente.
Mi butto nella tenda sistemandomi al meglio e attendo il mio compagno di cordata. 
Claudio ritarda e inizio a preoccuparmi, non vorrei fosse successo qualcosa al tendine. Finalmente invece lo vedo arrivare, pieno di neve e affondando fino a mezza coscia.
Da allora fino alla mattina dopo non usciremo più dalla tenda, se non per bisogni fisiologici e per spalare la neve che rischia di seppellire la tenda. Mangiucchiamo solo qualcosa e ci addormentiamo.
In realtà per me la notte passa malissimo, è infinita, mentre il nostro fiato si congela ricadendoci continuamente addosso sotto forma di goccioline ghiacciate.


La mattina del 4 agosto, appena sento che non nevica più e non tira più vento forte, esco fuori dalla tenda. Rimango lì, in mezzo al piccolo campo, immerso nella coltre bianca con le montagne attorno.
Fatto il solito tea e smontata la tenda, con i soliti enormi zaini scendiamo fino al Campo Base sotto una continua e fitta nevicata che riempie di neve ogni passaggio.



* Abbiamo poi scoperto che questo era uno dei due elicotteri che faceva la spola tra Karkara e il Campo Base. Il velivolo era precipitato due giorni prima del nostro arrivo in Kazakistan: era questo il motivo dell'irregolarità dei voli.

martedì 11 novembre 2014

Diario Spedizione 2014 (il Duca) - BASE


Campo Base, 31/07/2014 - giorno 8

Oggi giornata di riposo al Campo Base imbiancato dalla nevicata della notte. Il tempo come al solito è ballerino: ora c’è il sole, un attimo fa eravamo immersi nelle nubi. Si pensa e ci si rilassa ognuno per conto suo, io ne approfitto per raccontare cose finora non accennate in questo diario:

- Il capo del Campo Base, mr Mouhan, è una specie di uomo di Neanderthal che urla, sbraita e batte il bastone. Ma poi sa anche commuoversi facendo grandi discorsi sulla montagna e il suo lavoro.

- Oltre al capo, il personale del Campo Base è composto da: una giovanissima dottoressa (che però da qualche giorno è sparita, dopo una furiosa discussione col capo); un’interprete di origine russa (l’unica che sa l’inglese); una guida responsabile del soccorso (la cui faccia da alcolizzato è tutta una garanzia); la moglie della guida (che è anche l’amica di tanti altri); Sasha (che è un ragazzo ed è il bersaglio preferito dell’ira di Mouhan) e un giovane cuoco gobbo.

- Durante la scalata della montagna abbiamo una radio con cui connetterci col Campo Base a degli orari prestabiliti: 9.00, 12.00, 15.00, 18.00, 20.00.
Il problema sorge quando ci si trova in situazioni precarie, in parete, appesi, e bisogna a tutti i costi connettersi puntuali, altrimenti si viene sgridati.

- Oltre a noi, si appoggia al nostro campo base una cordata di rumeni con cui abbiamo fatto amicizia. Sono gente simpatica, anche se appaiono soprattutto come una brigata di cazzoni in vacanza. C’è poi un’International Team e una cordata di quattro austriaci con guida e portatore kazaki.

- Il primo giorno che siamo saliti a Campo1 abbiamo incrociato il grande Wielichi in ritirata da Campo3 per il brutto tempo. Ieri invece abbiamo incontrato uno dei polacchi che hanno tentato quest’inverno il Nanga Parbat.

- Altro personaggio con cui condividiamo il Campo Base è Sugis (da noi detto Sugo), che è il lituano che ha viaggiato con noi fin dal aeroporto. E’ qui solo con un altro connazionale, perché gli altri suoi amici sono rientrati in patria il giorno stesso in cui lui è arrivato. Sale e scende dai campi con la tranquillità di un nonno al parco e a vederlo non gli si darebbe un soldo. Il suo amico è invece il don Giovanni del Campo Base, sta nel tendone a bere tea e a divertirsi con la moglie della guida.

- Il tendone mensa, centro della vita del Campo Base, è un vecchio tendone militale pieno di buchi: se piove entra l’acqua, se nevica entra la neve e se c’è vento… entra il vento. In compenso brulica di topolini.

- A colazione ci rifilano sempre una zuppa di cereali lattiginosa, i kazaki la riempiono di zucchero: da oggi noi abbiamo iniziato a rifiutarla, fa davvero schifo!

L'elicottero militare che connette Karkara col Campo Base da un po' di giorni non si fa vedere. In teoria dovrebbe arrivare ogni tre o quattro giorni, ma non è così. Il personale del campo base non sa dirci nulla di più, se non azzardare date a caso. Noi, come le altre spedizioni, iniziamo a temere di perdere il volo aereo di ritorno, non potendo contare su date certe per rientrare a Karkara.

martedì 28 ottobre 2014

Diario Spedizione 2014 (il Duca) - CAMPI


Campo Base, 27/07/2014 - giorno 4

Finalmente oggi sono andato in montagna e mi sono sentito alla grande! 
Siamo saliti a Campo1, nonostante il tempo non eccezionale, dove abbiamo montato la nostra tenda e lasciato viveri, gas, fornellino, pala e materassini.
Partiti dopo la colazione delle 8.00, abbiamo attraversato l'enorme ghiacciaio su cui si trova il nostro Campo Base. Nella prima parte alcune bandierine e ponticelli di legno ci hanno segnato la via, poi abbiamo vagato ad intuito per il gigantesco labirinto di ghiaccio e crepacci.
Raggiunto l'attacco della via, ramponi ai piedi abbiamo risalito la prima rampa di ghiaccio vivo; poi è giunto il pendio di neve più molle ma con una buona traccia. Mi sentivo bene, sono salito senza fiatone, agile.
Una corda fissa ci ha portati oltre la crepaccia da dove abbiamo poi iniziato il lungo traverso, fino a guadagnare la cresta. Quando a tratti il sole usciva fra le nubi faceva caldo.
Qui Claudio inizia a dirmi che il tendine da fastidio, iniziamo a temere che la tendinite di un mese prima stia per risaltare fuori.
Raggiunta la cresta nevosa, saliamo la serie di corde fisse fino ad un seracco, che superato ci porta al Campo1. Sostiamo un attimo soddisfatti, poi montiamo la nostra piccola tenda sulla costa di pietra a picco sulla seraccata.
Inizia a nevicare, facciamo veloci, quindi iniziamo a scendere.
In discesa il dolore di Claudio si accentua, quando arriviamo al Campo Base non abbiamo addosso la soddisfazione che ci saremmo aspettati ieri: il tendine ci preoccupa seriamente! Iniziamo a temere che il problema possa compromettere la spedizione.





---------------------------------------

Campo Base 28/07/2014 - giorno 5

Oggi giornata di riposo al Campo Base. Il tempo non è bello, anche se non ci sono state grandi precipitazioni.
Quello che però principalmente ci tiene fermi è il tendine di Claudio, temiamo che la salita al Khan Tengri possa essere compromessa. Potrei tentare da solo, ma senza le grotte di ghiaccio* a Campo2 e Campo3 sarebbe impossibile, non posso infatti pensare di sposare la tenda e il resto da solo. 
Iniziamo a considerare molto più concreta la possibilità di limitare l'obbiettivo al Chapaeva Peak (anche se rimane il medesimo problema per attrezzare il Campo2). 
Si sono pensate diverse opzioni per la salita, per permettermi di tentare la vetta; intanto attendiamo come evolve il tendine.
Se domani il tempo è buono salirò a Campo1 con l'idea di dormire lì, Claudio vedrà domattina: o viene su con me o salirà il giorno successivo quando io tenterò di andare a Campo2. 
La cosa fondamentale è "conoscere e rispettare la montagna", questa è l'essenza dell'alpinismo.


*L'agenzia a cui ci siamo appoggiati ci aveva comunicato la possibilità di sfruttare delle grotte di ghiaccio a Campo2 e Campo3, che però una volta arrivati al Campo Base ci hanno detto non essere disponibili.

------------------------------------

Campo Base 30/07/2014 - giorni 6 e 7

Siamo tornati al campo base dopo due giorni passati sulla montagna.
Alla fine il 29 luglio, baciati da una giornata bellissima, siamo partiti insieme alla volta del Campo1. Saliti molto bene (nessun dolore al tendine) ci siamo goduti il primo campo alto che si è riempito di cordate e tende.
Affacciati sull'abisso di seracchi, con di fronte la Nord del Khan Tengri, fa un certo effetto vedere tutte queste tende montate in fila sulla costa rocciosa.
La notte ha nevicato abbondantemente.



























Il giorno dopo la sveglia è suonata alle 5.15, abbiamo iniziato a sciogliere la neve per fare il tea, ma eravamo entrambi abbastanza rallentati. Dopo colazione Claudio si è rimesso a dormire, mentre io ho sfruttato l'aria fresca per riprendermi.
Alle 8.30 siamo partiti senza grossi pesi per il Campo2, l'idea era quella di fare acclimatamento.
La salita al secondo campo alto è molto bella, sempre sul filo di cresta e attrezzata con corde fisse. Si sale con pendenze sempre sostenute, le condizioni della via erano ottime.
Ci sentivamo bene e andavamo spediti, fino al tratto roccioso che abbiamo salito con buona disinvoltura (è il tratto più tecnico). Poi però, raggiunti i 5400m, dove inizia l'ultimo pendio prima del campo, abbiamo avuto una pesante ricaduta fisica: mi sentivo come spompo, senza più energia.
Ogni passo è infatti divenuto lento e faticosa; giunti al campo ci ha presi una fortissima sonnolenza.
Il Campo2 è posto su una cupola di neve dove le tende sono state protette con muretti di ghiaccio, che il vento ha però riempito di buchi: sembra siano stati presi a cannonate.
Rimasti al campo una ventina di minuti, abbiamo poi iniziato la logorante discesa lungo le corde fisse, fino al Campo Base.

Adesso siamo qui stanchi e un po' demoralizzati per come abbiamo sentito la quota; dovremo decidere come tentare il Chapaeva, ma per ora non c'è la voglia di pensarci. Certo fa molto anche il tempo che è sempre estremamente variabile: ora nevica!



sabato 25 ottobre 2014

Diario Spedizione 2014 (il Duca) - VIAGGIO


Istanbul, 24/07/2014 - giorno 1

Alle 14.30 è partito da Orio il nostro aereo per Istanbul, inizia questa spedizione per conquistare il Khan Tengri. Alle 17.45 (ora locale) siamo atterrati in Turchia e ora attendiamo il volo per Almaty. La grande preoccupazione per la preparazione dei bagagli mi ha lasciato addosso una grande stanchezza, alla fine con 31 kg a testa e un grosso bagaglio a mano siamo riusciti a partire senza problemi. Ora tante altre preoccupazioni mi riempiono la testa, siamo silenziosi, non c'è quell'euforia che ci si aspetta accompagnare la realizzazione di un sogno: questo vuol dire che sia io che Claudio, il mio compagno di spedizione, siamo ben coscienti di quel che andiamo a fare. Importante sarà succhiare fino al midollo quello che questa esperienza mi donerà.



-----------------------------------

Karkara, 25/07/2014 - giorno 2

Siamo arrivati a Karkara, che come mi aspettavo è bellissima: prati  e colline verdi macchiate da boschi di conifere. 
L'uomo dell'agenzia a cui ci appoggiamo è venuto a prenderci all'aeroporto di Almaty dove siamo atterrati alle 4.30 (ora locale). Non è stato perso nessun bagaglio e questa è un'ottima cosa. Il nostro autista, un kazako di origine russa molto taciturno, ci ha portati ad un grosso supermercato dove abbiamo comprato biscotti, frutta sciroppata, Coca Cola, carne in scatola e altra roba da mangiucchiare. Poi siamo partiti su una jeep super carica. Con noi viaggiava anche un alpinista Lituano. Abbiamo attraversato territori incredibili: dalle grandi praterie con sfondo le montagne, ai grandi deserti. Gente con i carretti trainati da cavalli e automobili anni '60, poliziotti da corrompere ai posti di blocco e un guasto al motore ci hanno accompagnato in questo viaggio. Arrivati a Karkara abbiamo passato la giornata dormendo e rilassandoci in questa bellezza, mentre mandrie di cavalli pascolano attorno al campo.



















----------------------------------------

Campo Base, 26/07/2014 - giorno 3

Siamo al campo base del Khan Tengri, il nostro elicottero ci ha portati con un giorno di anticipo sotto alla nostra montagna. La partenza anticipata è dovuta al cattivo tempo previsto per i prossimi giorni, che avrebbe rischiato di bloccare i voli. Stiamo bene, nonostante lo sbalzo di 1800 metri. La giornata è molto bella e la nostra montagna risplende terribile ed enorme.
Qui al campo continuano a darci da mangiare e una giovanissima dottoressa ci ha misurato la pressione. Stasera decideremo cosa fare domani, l'idea sarebbe di salire a Campo 1 e iniziare a portare su un po' di materiale; rimane importante non saltare le tappe, molto dipenderà anche dal meteo (di cui per ora non hanno saputo fornirci le previsioni).
La via a vedersi appare molto impegnativa, sulle Alpi mi avrebbe esaltato: è molto logica, come piace a me, salendo lungo il bellissimo sperone nord. Qui però le incognite e i fattori sono tantissimi ed enormi, è tutto da vedere!



venerdì 3 ottobre 2014

Riflessioni su un torrente (il Duca)

Ieri, scendendo dallo Scais, mi sono fermato su di un ponticello con uno dei miei compagni di cordata. Ci siamo seduti lì, con le gambe a penzoloni sopra il torrente, ad aspettare il terzo amico rimasto un po’ più indietro.
In silenzio, con gli zaini buttati in parte, osservavamo l’acqua scorrere e raccontare la sua storia. Ascoltavamo quello scoscio sempre eterno: il fruscio di una giovinezza infinita che sempre nasce e va, percorre esattamente il suo corso.
Il torrente in montagna ha una magia unica, trasmette un’allegria e una vivacità indescrivibile, una tranquillità assoluta. E’ come se ti dicesse: “vai tranquillo che ognuno ha esattamente la sua strada, si tratta di percorrerla nel giusto modo, come faccio io”.
Quel giorno avevamo percorso nevai ghiacciati, pietraie impervie, camini verticali e torrioni di roccia, eppure in quelle ultime ore della giornata scoprivamo una nuova possenza, forse la più bella e incredibile di tutte le montagne. Ne avevamo già osservati di torrenti, una marea; un’oretta prima ci eravamo persino concessi un pediluvio in una delle sue pozze smeraldo. Ma in quel preciso istante, mentre stavamo stravaccati li sul ponte, riuscivamo a sentire il torrente che cristallino ci svelava il suo segreto, ci raccontava la magia dell’eterna giovinezza. Era chiaro, una rivelazione.
La sera di ritorno dalla montagna spesso si viene presi dalla malinconia, si sente che ormai l’esaltazione della scalata lascia spazio al ritorno alla normalità. Ma ieri sera no.
Mentre il buio della notte avvolgeva il ponte e il bosco e le montagne attorno, quello scroscio portava nella mia anima una serenità indescrivibile. L’anima si riempiva di una saggia fortezza.

E così, dopo mille scalate, l’ho pensato, anzi l’ho sentito come una verità tangibile: “è proprio bello andare in montagna”. Forse sembra banale dirlo ora, ma è davvero proprio così.

martedì 30 settembre 2014

Something in the Night (Bruce Springsteen)

I’m riding down Kingsley
figuring I’ll get a drink
turn the radio up loud
so I don’t have to think
I take her to the floor
looking for a moment when the world
seems right
and I tear into the guts
of something in the night.

You’re born with nothing
and better off that way
soon as you’ve got something they send
someone to try and take it away
you can ride this road ’till dawn
without another human being in sight
just kids wasted on
something in the night.

Nothing is forgotten or forgiven
when it’s your last time around
I got stuff running ’round my head
that I just can’t live down.

When we found the things we loved
they were crushed and dying in the dirt
we tried to pick up the pieces
and get away without getting hurt
but they caught us at the state line
and burned our cars in one last fight
and left us running burned and blind
chasing something in the night.

mercoledì 23 luglio 2014

Khan Tengri 2014 (il Duca)

E' l'ultima sera che sono a Brescia, solo nel mio monolocale. Domani si lavora e poi si parte. Le preoccupazioni sono tante, a partire da quella per i bagagli. Non si può sbagliare su niente, è vietato. Bisogna pensare a tutto quello che serve, per vivere, sopravvivere e scalare quella montagna.
Già, quella montagna: 7000 metri sono tanti, il nome Khan Tengri a pronunciarlo da una strana sensazione, il Kazakistan è qualcosa di troppo lontano. Eppure tra 1 giorno si va.
Immersi nei mille pensieri è importante trovare (continuamente) le motivazioni per fare questa roba, a volte è difficilissimo. 

Ricevo un messaggio da Ale, il compagno di cordata di mille salite qui, sulle nostre amate Alpi. Lui è in vacanza con la morosa in Grecia, un po' lo si invidia. Poi inizio a pensarci: la Corda Molla, lo spigolo dell'Emet, la Nord del Gran Paradiso, le vie assurde su montagne sconosciute, il canale Foglia e via fino alla via del Dubbio, dove abbiamo rischiato la pellaccia.
Mi viene voglia di guardare le foto, le mie foto di montagna: ascolto la musica guardando quelle immagini; ecco, ora mi sento forte, sento la voglia di partire, anche per loro:

- per i miei genitori, che mi hanno dato la possibilità di camminare, nella vita e sulle montagne
- per Ciccio, che ora è un ottimo papà, ma sarà sempre IL mio compagno di cordata
- per Lucia, che prima o poi andrò a trovare ad Alagna
- per Maria, la mia cuginetta
- per le mie sorelle, che possano essere orgogliose
- per tutta la mia famiglia, che è il campo base più sicuro del mondo
- per Mario, per le sue cazzate e le risate insieme al rifugio
- per Prina, il cacciatore di 4000 a cui devo offrire una birra
- per Lallo, mitico compagno di cordata silenzioso
- per Foglia e il nostro alpinismo selvaggio
- per tutti i miei compagni di cordata, sulle montagne e nella vita
- per lo zio Giorgio e il mio primo ghiacciaio
- per il mese passato al Tonolini e gli amici trovati lì
- per le mie scalate solitarie, perché da solo non ho mai fallito un colpo
- per la bellissima val di Rhemes, i suoi torrenti, i suoi fiori
- per la mia bellissima S-cetela, che mi aspetta a casa

tornerò presto

lunedì 7 aprile 2014

I'll be your mirror (Velvet Underground)

foto: Mario Spinola, sulle creste himalayane della Grigna, marzo 2014

I'll be your mirror
Reflect what you are, in case you don't know
I'll be the wind, the rain and the sunset
The light on your door to show that you're home
When you think the night has seen your mind
That inside you're twisted and unkind
Let me stand to show that you are blind
Please put down your hands
'Cause I see you
I find it hard to believe you don't know
The beauty that you are
But if you don't let me be your eyes
A hand in your darkness, so you won't be afraid
When you think the night has seen your mind
That inside you're twisted and unkind
Let me stand to show that you are blind
Please put down your hands
'Cause I see you
I'll be your mirror

mercoledì 29 gennaio 2014

Ricordando il 2013

sabato 25 gennaio 2014

We are alive (Bruce Springsteen)

foto: Ilario Pacati, in cima al mare in tempesta, gennaio 2014

“There’s a cross up yonder up on Calvary Hill
there’s a slip of blood on a silver knife
there’s a graveyard kid down below
where at night the dead come to life
well, above the stars they crackle in fire
a dead man’s moon throws seven rings
we’d put our ears to the cold grave stones
this is the song they’d sing


We are alive
and though our bodies lie alone here in the dark
our spirits rise to carry the fire and light the spark
to stand shoulder to shoulder and heart to heart

A voice cried I was killed in Maryland in 1877
when the railroad workers made their stand
I was killed in 1963 one Sunday morning in Birmingham
well, I died last year crossing the southern desert
my children left behind in San Pablo
well, they’ve left our bodies here to rot
oh, please let them know

We are alive
and though we lie alone here in the dark
our souls will rise to carry the fire and light the spark
to fight shoulder to shoulder and heart to heart

Let your mind rest easy, sleep well my friend
it’s only our bodies that betray us in the end

I awoke last night in the dark and dreamy deep
from my head to my feet, my body’d gone stone cold
there were worms crawling all around me
my fingers scratching at an earth black and six foot low

Alone in the blackness of my grave
alone I’d been left to die
then I heard voices calling all around me
the earth rose above me, my eyes filled with sky

We are alive
and though our bodies lie alone here in the dark
our souls and spirits rise
to carry the fire and light the spark
to fight shoulder to shoulder and heart to heart
to stand shoulder to shoulder and heart to heart
we are alive”.

mercoledì 22 gennaio 2014

Where the streets have no name (U2)

foto: Andrea Prina, scendendo dalla spalla Isler, luglio 2013

I wanna run 
I want to hide
I wanna tear down the walls
That hold me inside
I wanna reach out
And touch the flame
Where the streets have no name

I want to feel
Sunlight on my face
I see the dust cloud disappear
Without a trace
I want to take shelter from the poison rain
Where the streets have no name

Where the streets have no name
Where the streets have no name
We're still building
Then burning down love
Burning down love
And when I go there
I go there with you
It's all I can do

The city's aflood
And our love turns to rust
We're beaten and blown by the wind
Trampled in dust
I'll show you a place
High on a desert plain
Where the streets have no name

Where the streets have no name
Where the streets have no name
We're still building
Then burning down love
Burning down love
And when I go there
I go there with you
It's all I can do

Our love turns to rust
We're beaten and blown by the wind
Blown by the wind
Oh, and I see our love
See our love turn to rust
Oh, we're beaten and blown by the wind
Blown by the wind
Oh, when I go there
I go there with you
It's all I can do