venerdì 21 luglio 2023

Riflessione alla base di un camino (il Duca)

 

Seduto alla base di una parete sognata e studiata per tanti mesi, ascolto il silenzio e il freddo del vento che inizia a graffiarmi le ossa.

Il mio mondo è fatto di pietre chiare e neve caduta nella notte; sopra di me il camino nero che avrei dovuto imboccare gronda acqua, soffiando giù aria umida e gelida. Lo guardo un'altra volta, mentre le nubi sottili turbinano sopra di me e lungo i fianchi della montagna. Osservo le placche che luccicano e su cui scorre lenta l'acqua, provo ad immaginare una labile possibilità per superare quei passaggi, ma oggi realisticamente bisogna constatare che è necessario rinunciare.

Un paio di tentativi poco convinti li ho anche già fatti: sia nel camino che sullo spigolo. Laddove la roccia è asciutta è un vero piacere metterci la mano, si può percepire la sua ruvidità che dà sicurezza. Ma per lo più ci si trova ad annaspare sul bagnato.

Sono lì solo, convinto del mio sogno, del mio progetto, ma consapevole di dover dichiarare la resa. Alzo lo sguardo un po' malinconico, un po' dispiaciuto, ma oggi non riesco ad essere incazzato. Non riesco a prendermela con la mia montagna. Lei così grande, bella, eterna, io così testardo ed innamorato di lei.

Mi guardo attorno, tutte le guglie grigie che mi circondano e si innalzano verso il cielo, quei pinnacoli in cui sono racchiusi i miei ideali, o forse qualcosa di ancora più concreto: la mia essenza e la mia storia.

Quest'anno la montagna è con me particolarmente severa, anzi è da due anni che lo è. Tutti i dannati weekend e tutte le volte che posso sono da lei, sempre, in ogni stagione. Di cime ne ho fatte tantissime, di ogni tipo. Ho salito pareti, creste, canali, qualunque tipo di via. Ma da due anni, a parte qualche sporadica eccezione che si può contare sulle dita di una mano, non ho mai trovato condizioni normali. Pioggia, vento forte, pareti che scaricano impietosamente, neve marcia, roccia fradicia... ogni volta c'è da lottare oltre ogni previsione e ci si trova nella situazione di dover decidere se continuare o no.

Questa volta decido di no, è una rarità anche questa. Decido di fermarmi e lo faccio tranquillamente, sedendomi lì su quel ghiaione guardandomi attorno.

Questa volta non proseguo imprecando, urlando i miei vaffanculo alla sfiga, volendo dimostrare che nonostante tutto io se voglio vado avanti. No, questa volta mi fermo e mi guardo attorno, osservo le mie montagne come un bimbo guarda la mamma che lo ha appena sgridato e non capisce bene perché.

La montagna per me è stata tutto. E' la terra a cui appartengo, la casa a cui tornare, il luogo dove ritrovarmi. E' la dura realtà contro cui amo sbattere e danzare ogni qualvolta devo trovare la mia direzione, la mia identità e la mia forza.

E' il mondo dove si sono sviluppate le amicizie più vere, i pensieri più autentici, le consapevolezze più genuine. Io ho bisogno della montagna, ne ho sempre avuto bisogno, fin da quando ho memoria. Se dico “montagna” mi vedo a due anni su un prato che cammino insicuro e ciondolante, sorridendo alla mamma, con dietro i ghiacciai del Cevedale che mi osservano, figlio anche loro. E poi mi vedo con i miei amici a caccia di sogni, dove dietro ad un uno ce n'è sempre un altro: pareti di ghiaccio, spigoli di roccia, crepacci aperti che richiamano l'abisso presente in tutti noi. Mi vedo solo, dall'altra parte del mondo, sotto montagne gigantesche, esotiche, che però nascondono nella loro enormità qualcosa di mio, ed è per questo che sono lì da loro.

Io ho bisogno della montagna perché sono un pezzo di loro e loro custodiscono quella parte intima di me, ecco perché è là che posso ritrovare me stesso.

Penso a tutto questo guardando la parete che mi ha appena respinto, guardando le cime tutte attorno a me che si elevano verso il cielo. Ed è così ancora che mi chiedo: perché, cara montagna, che cosa mi stai dicendo in questi anni con la tua severità?

Vorrei trasmettere tutto quello che la montagna mi ha donato, questo è un desiderio che da un po' bussa forte. Forse la montagna ora me lo sta dicendo anche lei: non ti ho dato tutto questo per trascinartelo nella tomba. Ecco, ora voglio partire da qui.