giovedì 29 aprile 2010

da "l'Iliade" (Omero)

foto: Marco Bertaggia, Capo Cordata, Giugno 2009

"Là gli andò incontro correndo la sposa dalla ricca dote,
Andromace, figlia di Eezione magnanimo,
Eezione, che viveva sotto il Placo selvoso,
a Tebe Ipoplacia, regnando sulle genti cilicie;
la figlia di lui era sposa di Ettore elmo di bronzo.
Essa gli andò incontro e la seguiva l'ancella
portando in braccio il bimbo, ancor piccolo, innocente,
l'amabile figlio di Ettore, simile a bella stella,
che Ettore chiamava Scamandrio, ma altri
Astianatte: da solo infatti Ettore proteggeva la città.
Ed egli guardandolo sorrise senza parlare;
ma Andromaca gli si avvicinò piangendo,
gli prese la mano e gli rivolse parole:
"Infelice, il tuo coraggio ti rovinerà e non hai pietà
del bimbo ancor piccolo, di me, sventurata, che presto
sarò vedova: ormai ti uccideranno gli Achei,
tutti insieme assalendoti; ma per me sarà meglio,
se ti perdo, scendere sottoterre: non ci sarà più
per me alcuna dolcezza, se la tua sorte si compie,
ma solo dolori: non ho né padre né madre.
[...]
Ettore, ora tu sei per me padre e madre,
fratello, e sposo, nel fiore delle forze:
abbi compassione, resta qui sulla torre,
non rendere orfano il bimbo e vedova la sposa:
trattieni l'esercito presso il caprifico, là dove
là dove è tanto più facile l'ingresso in città e tanto più agevole salire le mura.
Infatti radunandosi lì, già tre volte hanno tentato l'assalto
i più forti, i due Aiaci, l'illustre Idomeneo
ed entrambi gli Atridi e il nobile figlio di Tideo:
forse a loro lo predisse qualche indovino, che ben lo sapeva,
oppure il loro coraggio li spinse a ciò".
Ma a lei rispose il forte Ettore dall'elmo lucente:
"Anch'io so tutto ciò, o donna: ma profondamente
provo vergogna dei Troiani e delle Troiane dai lunghi pepeli,
se resto come un vile lontano dalle battaglia;
e neppure può permettermelo il mio cuore, poiché imparai ad essere valorosi,
sempre, e a combattere in prima fila, fra i Troiani,
guadagnando al padre e a me stesso grande gloria.
Infatti ben io so in cuore questo:
verrà il giorno in cui perirà la sacra città di Ilio
e Priamo e il popolo di Priamo dalla forte lancia.
Ma io non penso tanto al dolore dei Troiano,
né a quello della stessa Ecuba né del signore Priamo,
né dei fratelli, che in gran numero, forti,
nella polvere cadranno colpiti dai nemici,
quanto a te, quando qualcuno degli Achei chitoni di bronzo
ti trascinerà via piangente, privandoti dei tuoi liberi giorni:
a ad Argo andrai, e lavorerai il telaio per un'altra donna,
e porterai acqua dalle fonti di Messeide o di Iperea,
costretta a tutto, gravata da duro destino:
e forse qualcuno dirà, vedendoti piangere:
"Quella è la sposa di Ettore, che era il migliore a combattere,
fra i Troiani domatori di cavalli, quando lottavano intorno a Troia".
Così un giorno qualcuno dirà: e tu proverai nuovo dolore, priva ormai
dell'uomo che avrebbe dovuto tenerti lontana la schiavitù.
Ma mi ricopra la terra, versata sul mio cadavere,
prima che io senta il grido della mia donna rapita".
Così dicendo tese le braccia al figlio, il Glorioso Ettore:
ma subito il piccolo nel seno della nutrice
si trasse, gridando, atterrito alla vista del padre,
spaventato dal bronzo e dal cimiero chiomato,
che terribile vide ondeggiare sulla cima dell'elmo.
Sorrisero il padre e la madre
e subito dal capo Ettore glorioso tolse l'elmo,
a terra rilucente lo pose:
poi il caro figlio prese fra le braccia e lo baciò,
rivolse preghiere a Zeus e agli altri dei:
"O Zeus e voi tutti dei, concedete che anche mio figlio
cresca come me, il primo fra i Troiani,
così pieno di forza, e regni su Ilio:
e che un giorno qualcuno dica: "E' molto più forte del padre",
vedendolo ritornare dalla battaglia: porterà spoglie insanguinate
di un nemico ucciso, e sarà fiera in cuore la madre".
Dopo aver detto così pose il figlio nelle braccia
della sua sposa: ed ella lo strinse al seno dolce
e fra le lacrime sorrise; lo sposo ne ebbe pietà,
le prese la mano e disse:
"Infelice, non addolorarti troppo in cuore:
nessun uomo infatti mi getterà nell'Ade contro il mio destino;
questo ti dico: nessun uomo può sfuggire alla sorte,
né malvagio, né buono, una volta che è nato.
Ritorna a casa, ora, e dedicati ai tuoi lavori,
al fuso e al telaio, ed ordina alle tue ancelle
di mettersi all'opera: la guerra tocca agli uomini,
tutti, quanti nacquero in Ilio, e a me soprattutto".
Così disse e raccolse l'elmo, il glorioso Ettore,
dal cimiero equino; e la sposa verso casa si mosse
sempre volgendosi indietro, e molte lacrime versava.
E subito, appena giunse alla casa ben costruita
di Ettore trage di uomini, trovò dentro le ancelle,
e a tutte fece nascere desiderio di pianto.
Esse piangevano Ettore ancor vivo, nella sua casa:
non pensavano infatti che sarebbe tornato dalla guerra,
sfuggendo alle mani degli Achei coraggiosi".