Maledetto, costretto da quell'irrefrenabile desiderio di bellezza, libertà, cielo sopra alla testa.
Arde il fuoco, brucia, brucia il cuore, senza fine, brucia e arde in petto. C'è qualcosa che non va mentre solco la strada, mentre guardo la gente attorno a me e cerco di capire cosa gli passa per la testa. C'è qualcosa che non va nei negozi che costeggiano la via, c'è qualcosa che faccio fatica a capire nelle storie che mi circondano.
Ci si sente come la trota che prova a risalire il fiume, mentre tutto passa, tutto corre così stupidamente veloce da sembrare sempre uguale.
Cosa hanno di maledettamente essenziale le pareti di granito, quello slancio verticale verso il cielo? Ho nostalgia del silenzio, in ogni istante, sempre. Del silenzio che abbraccia lo scrosciare del torrente, il danzare del vento, il cuore che lentamente batte. Ho nostalgia della mattina, quando ci si affaccia dalla tenda col sole che dipinge i profili delle montagne e la voglia esplosiva di vivere. Mi manca casa mia, il fornellino che sibila in compagnia di Ciccio; la soddisfazione di sdraiarsi sul prato dopo la cima.
Un vecchio siede di fianco a una ragazzina, su di una panchina davanti al centro commerciale. Lei ascolta la musica muovendo le gambe nude sotto alla gonna nera, lui la guarda silenzioso. C'è una tristezza infinita in quello sguardo, la malinconia di chi si domanda dove è finita la sua vita. E c'è una tristezza infinita in quella ragazza che scorre le dita sul suo cellulare, cercando freneticamente qualcosa che non può trovare.
Si parla sempre di cose stupide. Più si ride, più si parla di cose stupide. Non riesco più a dire cose che mi interessano, se non molto raramente. Si viene sempre soffocati dalla sensazione che chi ti ascolta ha trovato giusto un momento per farlo, in attesa di dire poi la sua. Ma quel momento a me non interessa, per niente. E non mi interessa neppure se devi rispondere a qualcun altro, che è da qualche altra parte. Io voglio tutto: l'infinito, l'immortalità di un'idea, la grandezza dell'assoluto. Voglio parlare di filosofia con Dio. Non arretrerò davanti a questo (al massimo tacerò o mi difenderò assecondando la stupidità).
C'era una volta un gruppo di amici, cacciatori dell'inutile. Sedevano in un chiostro di colonne spezzate e discutevano. Tra loro c'erano personaggi illustri: Heidegger, Platone, Nietzsche, Husserl, Derrida. A volte veniva persino Hegel. Si tendeva così intensamente all'Ideale che a momenti pareva quasi di scorgerlo, bellissimo e luminoso in quelle pareti di mattoni. E' stato il periodo più bello della mia vita, che continuava in qualche appartamento tra litigate e punti-di-incontro. E poi è quasi sembrato che quella discussione potesse scoppiare in una rivoluzione, in assemblee e poesie recitate in piazza.
Ma tutto è passato, gli amici hanno preso altre strade, ognuno la propria; e se anche ci si incontra non sarà più uguale, mai più.
La vite entra nel ghiaccio della grande parete. Guardo in basso, oltre le punte dei miei ramponi scorgo Lallo, chinato sulle sue piccozze. Tra noi la corda rosa che passa nel rinvio, in alto l'ultimo scivolo di neve che sorregge la cima. Non bisogna chiedere permesso, lei è li che aspetta solo noi, biancheggiando luminosa e bellissima. Non bisogna chiedere il permesso perché è lei a chiamarci, invitandoci a salire; lei che è semplicemente lì nella sua eternità infinita.
Non c'è rabbia, non c'è incomprensione, ma solo il coraggio di seguire il proprio desiderio: il coraggio di tornare a casa, a parlare ancora una volta di filosofia con Dio.
Ecco, io ho bisogno di questo coraggio, sempre, tutti i giorni. Finché respiro. Il coraggio di tornare verso casa, di non piegarsi al richiamo del nulla.
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