mercoledì 31 agosto 2016

Parlare di filosofia con Dio (il Duca)

Maledetto, costretto da quell'irrefrenabile desiderio di bellezza, libertà, cielo sopra alla testa.
Arde il fuoco, brucia, brucia il cuore, senza fine, brucia e arde in petto. C'è qualcosa che non va mentre solco la strada, mentre guardo la gente attorno a me e cerco di capire cosa gli passa per la testa. C'è qualcosa che non va nei negozi che costeggiano la via, c'è qualcosa che faccio fatica a capire nelle storie che mi circondano.
Ci si sente come la trota che prova a risalire il fiume, mentre tutto passa, tutto corre così stupidamente veloce da sembrare sempre uguale.
Cosa hanno di maledettamente essenziale le pareti di granito, quello slancio verticale verso il cielo? Ho nostalgia del silenzio, in ogni istante, sempre. Del silenzio che abbraccia lo scrosciare del torrente, il danzare del vento, il cuore che lentamente batte. Ho nostalgia della mattina, quando ci si affaccia dalla tenda col sole che dipinge i profili delle montagne e la voglia esplosiva di vivere. Mi manca casa mia, il fornellino che sibila in compagnia di Ciccio; la soddisfazione di sdraiarsi sul prato dopo la cima.

Un vecchio siede di fianco a una ragazzina, su di una panchina davanti al centro commerciale. Lei ascolta la musica muovendo le gambe nude sotto alla gonna nera, lui la guarda silenzioso. C'è una tristezza infinita in quello sguardo, la malinconia di chi si domanda dove è finita la sua vita. E c'è una tristezza infinita in quella ragazza che scorre le dita sul suo cellulare, cercando freneticamente qualcosa che non può trovare.

Si parla sempre di cose stupide. Più si ride, più si parla di cose stupide. Non riesco più a dire cose che mi interessano, se non molto raramente. Si viene sempre soffocati dalla sensazione che chi ti ascolta ha trovato giusto un momento per farlo, in attesa di dire poi la sua. Ma quel momento a me non interessa, per niente. E non mi interessa neppure se devi rispondere a qualcun altro, che è da qualche altra parte. Io voglio tutto: l'infinito, l'immortalità di un'idea, la grandezza dell'assoluto. Voglio parlare di filosofia con Dio. Non arretrerò davanti a questo (al massimo tacerò o mi difenderò assecondando la stupidità).

C'era una volta un gruppo di amici, cacciatori dell'inutile. Sedevano in un chiostro di colonne spezzate e discutevano. Tra loro c'erano personaggi illustri: Heidegger, Platone, Nietzsche, Husserl, Derrida. A volte veniva persino Hegel. Si tendeva così intensamente all'Ideale che a momenti pareva quasi di scorgerlo, bellissimo e luminoso in quelle pareti di mattoni. E' stato il periodo più bello della mia vita, che continuava in qualche appartamento tra litigate e punti-di-incontro. E poi è quasi sembrato che quella discussione potesse scoppiare in una rivoluzione, in assemblee e poesie recitate in piazza.
Ma tutto è passato, gli amici hanno preso altre strade, ognuno la propria; e se anche ci si incontra non sarà più uguale, mai più.

La vite entra nel ghiaccio della grande parete. Guardo in basso, oltre le punte dei miei ramponi scorgo Lallo, chinato sulle sue piccozze. Tra noi la corda rosa che passa nel rinvio, in alto l'ultimo scivolo di neve che sorregge la cima. Non bisogna chiedere permesso, lei è li che aspetta solo noi, biancheggiando luminosa e bellissima. Non bisogna chiedere il permesso perché è lei a chiamarci, invitandoci a salire; lei che è semplicemente lì nella sua eternità infinita.
Non c'è rabbia, non c'è incomprensione, ma solo il coraggio di seguire il proprio desiderio: il coraggio di tornare a casa, a parlare ancora una volta di filosofia con Dio.
Ecco, io ho bisogno di questo coraggio, sempre, tutti i giorni. Finché respiro. Il coraggio di tornare verso casa, di non piegarsi al richiamo del nulla.

martedì 30 agosto 2016

Streets of Philadelphia (Bruce Springsteen)

I was bruised and battered, I couldn't tell what I felt.
I was unrecognizable to myself.
I saw my reflection in a window, I didn't know my own face.
So brother are you gonna leave me wasting away
On the streets of Philadelphia.

I walked the avenue 'til my legs felt like stone,
I heard voices of friends vanished and gone,
At night I hear the blood in my veins,
Just as black and whispering as the rain,
On the streets of Philadelphia.

Ain't no angel gonna greet me.
It's just you and I my friend.
And my clothes don't fit me no more,
I walked a thousand miles
Just to slip this skin.

Night is fallen, I'm lying awake,
I can feel myself fading away,
So receive me brother with your faithless kiss,
Or will we leave each other alone like this
On the streets of Philadelphia.

venerdì 26 agosto 2016

Appunti di viaggio (il Duca)

Zucchero canta le sue 13 ragioni, la nostra invece rimane misteriosa, mentre la macchina corre sull'autostrada.
La strada è lunga e i caselli numerosi, ma alla fine eccoci a Montpellier. Tre alpinisti persi per le stradine medioevali, con gli zaini, i caschetti e i turisti in canottiera che ci guardano straniti. Sui gradini una ragazza che è un ragazzo, la nostra stanza piena di coccodrilli di gomma e un albero rinsecchito: come primo bivacco c'è da rimanere sbigottiti. Ma ci si diverte con del buon vino e quattro passi per i monumenti della città.
La strada è ancora lunga, si riparte. Pranzo fra le bancarelle strabordanti di antichità e oggetti quotidiani (o solo vecchi); l'accoglienza è già quella della gente di montagna, ci si sente un po' a casa. Scavalchiamo il passo e scendiamo in Spagna, arrivando al parcheggio sopra Benasque.
Mario fa lo spagnolo, sulla navetta altri con la ferraglia, e poi di corsa al rifugio dove si entra in quel mondo che è il nostro: quello degli alpinisti. Cena, grappa, qualche chiacchiera e in branda!

La salita dell'Aneto, la cima più alta dei Pirenei, è molto bella. Non difficile tecnicamente, è però completa con ghiacciaio, crestina di roccia e la libertà che la montagna ci sa regalare. Tanto per complicarci le cose, andiamo a cercare una discesa improvvisata tra nevai, morene e cenge nascoste, in pieno stile Foglia. Bagno nelle pozze cristalline del torrente e nuotata in tre birre giganti, e poi questo posto mi ricorda con grande nostalgia l'Adamello.
A Benasque ci sono le terme, posto curioso. C'è anche il Cassin dei Pirenei, sembra un po' strano e alla fine il ristorante giusto non lo trova neppure lui: amen, risolviamo a modo nostro!

Dopo una notte in valle si riparte, ancora. Visita di un borgo medioevale, con la scusa di fare la spesa e sbirciare le previsioni meteo. Dalle mura del castello ci impensieriscono le nubi che si accatastano sulle montagne, ma risolviamo tutto con lo shopping complicato di Mario e lo street boulder di Ale. Poi ancora via, verso Bujaruelo dove ci accoglie il vento freddo e una pioggia violenta.
Attendiamo, ingannando il tempo con diverse birre, le patatine con salsa piccante e un invito galante. Alla fine il temporale passa e partiamo per il nostro bivacco. La valle è lunga, verde come le descrizioni bucoliche di Virgilio. Quando arriviamo raccogliamo la legna e ci sistemiamo sul comodissimo pavimento di cemento armato. Il fuocherello scoppietta, arrostendo i wurstel che si sposano perfettamente con la bottiglia di vino. Una sorsata di grappa a testa (forse qualcosa di più) e a nanna.

Il giorno dopo, con Mario, scalo l'immenso versante est del Vignemale, saliamo per la via della Moskowa. Ale non viene con noi per un dolore al piede, ci raggiungerà al rifugio francese lungo la via normale. Noi facciamo un gran viaggio fra placche di calcare, nevai incastonati e un bel caminetto roccioso; il tutto molto selvaggio. Dalla cima, scendiamo in Francia per il ghiacciaio e poi risaliamo al rifugio dove ritroviamo il nostro compagno. Qui rischiamo di dover affrontare subito un nuovo lungo viaggio, perché il rifugio è strapieno e noi non siamo riusciti a prenotare. Un mezzo miracolo all'ultimo ci consegna tre brande (care, seppur scomode).
Per rientrare in Spagna il nostro sentiero scorre per molti chilometri, passando per due passi, la valle infinita di Ara e il rifugio sotto alla dolomitica parete Nord. Al termine trascorriamo una tranquilla serata a Bujaruelo, dove fuori soffia sempre il vento freddo.

E' già ora di ritornare, il viaggio è lunghissimo, la macchina corre ancora sulla strada fino alle coste francesi. Che belle le Calanques: le vertiginose scogliere che precipitano sulle calette trasparenti, che bello sentirsi in vacanza e bere birra sulle rocce. Pensando a casa, sembra ci sia la Grignetta che si puccia nel mare, anche lei in ferie.
E che bello anche l'applauso della gente, mentre slegato accarezzo la roccia sbucando sulla cima della guglia: pare quasi di essere liberi, per davvero. Grazie ragazzi.