giovedì 7 aprile 2016

Una vacanza (il Duca)

Vacanza, ho fatto una vacanza: una vacanza tra dolomiti e Austria.
In campeggio, sì, ma non solo. Qualche rifugio, qualche notte qua e là, una notte in macchina. Una notte coi vecchietti della Repubblica Ceca che suonavano i loro strani strumenti sotto al cielo stellato, sotto alla parete rossa della Tofana di Rozes.
E’ stata una vacanza rock and roll.
Una vacanza resa felice dal ritrovo dell’acqua, dopo ore di cammino. Acqua in abbondanza che sul fornellino si è trasformata in un risotto ai porcini… da schifo. Però che si ricorda con tanto amore e un sorriso.
Una vacanza internazionale; al tavolo con un tedesco e due polacche e un dialogo in inglese maccheronico, fatto più da rumori che da parole. Però il gesto della valanga si è capito bene.
Un viaggio: in parte in macchina, molto a piedi, ogni tanto a quattro zampe. Sulla cengia di Ball, sulla cresta del Civetta, sul ghiacciaio del Glossglokner. Una bellezza costante che si fa fatica a lavare via dagli occhi, che rimane ben impressa nel cuore e nella mente. Una bellezza grande che a ripensarla sembra incredibile e a ricordarla suscita un’immensa nostalgia.
Un viaggio col solito amico, sulla Studlgrat, quando la carezza della roccia canta una famigliarità confortante. Quando la corda scorre che è un piacere, sempre più in alto, fino alla cima imperiale dell’Austria.
Un viaggio con nuovi compagni, trovati per strada, che parlano dialetti sinceri (perché a fare il muratore l’italiano non te lo insegnano) e poi scoppiano di gioia nel rincontrarti sul nevaio finale del Pelmo. Oppure amici per caso, con cui condividere una cima e poi una birra, mentre lui torna a casa e tu parti per la prossima salita.
Sono tanti i momenti belli di questa strada percorsa, a scriverli emergono uno dietro l’altro, come rovistando in cantina riemergono tesori che sembravano perduti. Ripenso al panino sulla veranda prima dell’Antelao, risento quel profumo di bosco e il sapore dello speck, quasi l’avessi in bocca. Ripenso alle nubi bianche che salivano dalla valle, mentre sulle placche mi lasciavo alle spalle la vetta del Civetta, canticchiando una canzone. Ripenso a quando sono tornato al rifugio e giratomi ho riguardato la parete salita, con una soddisfazione infinita, dandomi del pazzo. Poi la mia chitarra che strimpella nel bosco e la mangiata colossale con Lallo al rifugio.
Ripenso alla pizza concessa al campeggio sul fiume, al sorprendente arrivo in macchina al passo di Staulanza. Alla corsa scappando dal temporale, lasciando alle spalle la lussuosa Cortina.
Dove finiranno tutti questi momenti? Dove sono andati a nascondersi? Spariranno come lacrime nella pioggia o rimarranno come traccia nostalgica? La speranza è che siano le pietre con cui edificare ogni giorno, come i chiodi appesi all’imbrago.

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