Seduto
qui, al mio tavolo avvolto nel silenzio, ascolto la pioggia tintinnare sul
lucernario.
La
pioggia batte, le gocce strisciano sul vetro riflettendo la luce grigia che
appena si rispecchia sull'acqua. E insieme alla luce si rispecchiano i miei
pensieri e i miei ricordi: torbidi, lontani, alla disperata ricerca di
riemergere dal passato.
Ed è
la pioggia: la pioggia ricca di profumi, come quella osservata rintanati in una
baita che sa di stalla. La porta di legno annerita e il tetto di ardesia. Quei
prati verde scuro che si arrampicano sui fianchi della montagna, gonfi d'acqua,
avvolti dalle nubi bianche e fumose. Noi dentro alla baracca bagnati fino al
midollo, con ancora gli impermeabili addosso che gocciolano pesantemente. Noi
dentro alla baita felici, nonostante la pioggia; felici di essere qui con un
pezzo di formaggio in mano, anch'esso fradicio: ma chi se ne frega!
La
pioggia che sa rincorrerti, come quando spazza i ripidi fianchi del Rosa,
portandosi via la neve e lasciando il ghiacciaio nero. Noi che scappiamo con le
picche in mano, increduli di trovare acqua in alta quota. Quella pioggia che ti
fa scivolare, ti dà velocità facendoti bruciare le mani sulle lastre di
ghiaccio. E poi arrivi a valle sfatto, bagnato, sanguinante e stupidamente
felice, perché nonostante tutto anche quella volta l'hai scampata; nonostante
la pioggia che ora batte innocua sul parabrezza della macchina.
La
pioggia che sa essere martellante, fino a quando ti educa, fino a farti
abituate al suo tocco bagnato. Fino a diventare una compagna accettabile, come
là sul Rwenzori.
La
pioggia che sa cantare melodie frusciando tra le foglie degli alberi, invadendo
con dolcezza la magia delicata del bosco; danzando con i timidi raggi di luce.
La
pioggia che è un padrone freddo e tiranno. Che si impone nonostante i piani
perfetti, che inzuppa le corde, impregna la ferraglia, si impossessa dell'umore
e di tutto quanto può contenere uno zaino. E poi si mangia anche la roccia e
gonfia i torrenti e cristallizza sui muschi con bellezza assoluta.
La
pioggia che ti inchioda nel bivacco e decide che è il tuo giorno di riposo.
Volente o nolente crea un muro tra te e il mondo ostile, proteggendoti,
cullandoti e restituendoti poi felice, ancora una volta, misteriosamente.
La
pioggia che picchietta su questo lucernario, che io lo voglia o no, perché nessuno
ci può fare proprio niente. Perché la pioggia cade, nonostante tutto: sta a noi
saper cogliere il profondo incanto che si porta dietro.
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