Riposo, quiete.
Il silenzio di un bivacco
con l'amico. Fuori il vento soffia tremendo, facendo scricchiolare la
struttura della nostra tana, dentro il fornellino fischia sotto al
pentolino.
Fuori la notte buia, con
le stelle fredde che macchiano il cielo in una volta, corona sopra
alle cuspidi rocciose. Dentro due amici seduti su vecchi materassi,
attorno al tavolo di legno ruvido. Sapori di cibi diversi, l'odore
delle candele, la lieve luce della luna che si intrufola dal vetro
sporco.
Domani si scalerà, ma la
salita alla montagna parte da qui, da questa quiete, da questo riposo
che mi fa star bene. Si chiacchiera tranquillamente, senza la fretta
di dirsi qualcosa. Si sta insieme seduti calmi, come fosse casa
nostra da sempre. E forse è così.
Quiete, beatitudine.
Il cuore che lentamente
batte nel petto, la presenza dell'amico a qualche metro di distanza;
eppure non ci si dice niente, non ce n'è bisogno.
Ognuno coi propri pensieri,
ognuno con la propria beatitudine, ma si è una cordata anche qui,
soprattutto adesso su questa cima. Sotto al sedere la roccia dura, il
sedile più comodo al mondo. Attorno a noi la bellezza che si fa
immensa a perdita d'occhio; ora che è nostra è così famigliare che
appare ancora più bella.
Riguardo il profilo dello
sperone appena scalato, quello spigolo frastagliato e sottile di
roccia ruvida. Fino a poco tempo prima eravamo lì, mettendoci alla
prova, danzando sulla verticalità della montagna, sentendoci liberi.
Assaporando passaggio dopo passaggio quella libertà che ora trova
compimento in questa quiete. Sono felice.
Beatitudine, compimento.
Il Perù è lontanissimo,
ma ora che sono sdraiato in questa tenda non importa: sono a casa lo
stesso.
Sono partito in piena
notte verso l'ignoto e il buio non ha fatto che peggiorare la
situazione. Quella montagna gigantesca che incombeva su di me, la
fatica schiacciante dell'alta quota e l'immensità dei ghiacci
andini. Tutto nella notte era ignoto e la speranza, il lavoro di
mesi, lottava con l'imprevisto e la possibilità di fallire.
Ma ora la cima è qui, in
questo cuore sdraiato nella tenda.
Il sacco a pelo aperto
sul mio corpo, abbandonato sul materassino di gomma. Chiudo gli occhi
respirando profondamente, fuori il silenzio amato e la percezione
della montagna ormai conosciuta.
Il riposo, la quiete, la
beatitudine: il compimento di un sogno.
Essere in pace con me
stesso, è questa la più grande conquista che mi ha dato la
montagna: la possibilità di chiudere gli occhi e avere un attimo di
purissima serenità. E un grazie.
Nessun commento:
Posta un commento