foto: Marco Montesano, il Duca e Lucia in val di Cogne, Giugno 2008
La società d'oggi è spaccata da due anime che la caratterizzano: da una parte l'individualismo soggettivo di una libertà supposta assoluta. Dall'altra un'oggettività incontestabile, scientifica, statica, formale.
Padre di questo scempio, di questo dualismo assoluto, è Cartesio che, nella nettezza del taglio con cui ha separato res-cogita da res-estensia, ha fatto precipitare lo spirito, l'uomo nella sua autenticità, il popolo, la filosofia.
Ciò che è stato distrutto da questo scempio è la discussione dinamica dell'uomo, il suo vivere nel respiro col mondo. E' stata scartata ogni possibilità dialettica in quanto tutto è stato delineato o nella pratica totalitaria della scienza o nella dimensione nichilistica dell'io assoluto. C'è un lavorare fatale per il dio del sistema economico (che così è, nei suoi umori) e uno svago del tutto privato del "faccio i cazzi miei".
Così l'altro è sempre confinato "nell'altra pedina del sistema" o nello strumento del mio divertimento (che poi è lo stesso).
Chi più gode di tutto questo è il potere che nella rottura del rapporto all'altro, nella dissuasione dalla continua ricerca della verità (filosofia), ha ottenuto un mondo d'individui circondati da persone ma completamente soli. D'individui che fanno affari, che hanno rapporti sessuali, che chattano, si rimorchiano l'un l'altro, parlano fra loro continuamente, si trattengono a vicenda senza mai dirsi nulla. D'individui senza storia, senza cultura, senza tradizione. Perchè loro, gli individui, sono liberi sotto il sole splendente (che tutto illumina e spiega) del sistema. Sono soggetti con un'anima privata, talmente privata e individuale che non ne si può neppure parlare, e un corpo e una psiche talmente pubblici che tutto è già spiegato scientificamente, come fosse un robot o un software.
Ma davanti a tutto questo sento ancora l'emozione crescere dalle gambe stanche dopo una cima; sento la bellezza assoluta battermi in petto mentre racconto alla mia amata, come in una poesia, il rumore dei ramponi sul ghiaccio.
L'amore autentico mi rigetta "io", nella mia unità, col mio spirito, nel mondo.
Risento allora ciò che io sono, nel mio studio quotidiano, in un bicchiere di vino, nei momenti d'amore con la mia ragazza, nella notte quando solo mi metto a pensare o nelle discussioni con un amico. Risento l'io che non è animalesco, ma gettato nel mondo con una domanda, la domanda che sempre risuona in ogni mio passo. La domanda che non è nè pubblica nè privata, ma mia, mia nel mio essere pubblico e privato. Privata perchè è un chiedere di me e un progressivo sapere me, crescere me, prendere consapevolezza. Pubblica perchè è quell'affacciarsi al mondo, perchè in esso stesso io sono e in esso io mi costituisco vivendo. Io sono la traccia che sempre s'imprime camminando sul mondo e io sono anche quella domanda che sempre è rivolta al mondo.
Quella domanda che è ciò che sempre ci fa fare un nuovo passo, che ci muove alla ricerca di una risposta. Quella domanda che poi è quello stesso amore che mi porta a salire le montagne, a voler accanto la mia amata, a fare filosofia. Quella domanda che è il desiderio, cioè il motore stesso del vivere, ciò che dà sempre dinamicità nella dialettica (platonica) continua del vivere il mondo.
La domanda, il desiderio, deve sempre portarci a cercare una risposta ma in un moto autentico, senza accontentarci delle strutture del sistema, ma vivendo la vita nella sua autenticità.
A questo punto allora la domanda è: che cos'è la vita autentica? Che poi è la stessa domanda platonica del: che cos'è viver bene?
La risposta a tale domanda è il grande mistero della vita stessa. Ma la ricerca della risposta a una tale domanda è proprio ciò che sempre ci deve muovere, il desiderio consapevole nella domanda è ciò che ci fa essere uomini in cammino.
Questa domanda è infatti quella stessa domanda di cui abbiamo detto sopra. Quella domanda che, venendo posta, dà vita alla filosofia. Un cercare che, nella ricerca dell'autenticità (Platone direbbe del Bene), già ci avvia ad essa. Camminando consapevoli del nostro stato di ricercatori, in preda ad un amore autentico che è un amare consapevole, non viviamo né come belve istintuali né come macchine ad altissima tecnologia, ma come uomini desideranti che chiedono di sé nel mondo. E già questo è vivere autenticamente ricordando di essere uomini.
La società d'oggi è spaccata da due anime che la caratterizzano: da una parte l'individualismo soggettivo di una libertà supposta assoluta. Dall'altra un'oggettività incontestabile, scientifica, statica, formale.
Padre di questo scempio, di questo dualismo assoluto, è Cartesio che, nella nettezza del taglio con cui ha separato res-cogita da res-estensia, ha fatto precipitare lo spirito, l'uomo nella sua autenticità, il popolo, la filosofia.
Ciò che è stato distrutto da questo scempio è la discussione dinamica dell'uomo, il suo vivere nel respiro col mondo. E' stata scartata ogni possibilità dialettica in quanto tutto è stato delineato o nella pratica totalitaria della scienza o nella dimensione nichilistica dell'io assoluto. C'è un lavorare fatale per il dio del sistema economico (che così è, nei suoi umori) e uno svago del tutto privato del "faccio i cazzi miei".
Così l'altro è sempre confinato "nell'altra pedina del sistema" o nello strumento del mio divertimento (che poi è lo stesso).
Chi più gode di tutto questo è il potere che nella rottura del rapporto all'altro, nella dissuasione dalla continua ricerca della verità (filosofia), ha ottenuto un mondo d'individui circondati da persone ma completamente soli. D'individui che fanno affari, che hanno rapporti sessuali, che chattano, si rimorchiano l'un l'altro, parlano fra loro continuamente, si trattengono a vicenda senza mai dirsi nulla. D'individui senza storia, senza cultura, senza tradizione. Perchè loro, gli individui, sono liberi sotto il sole splendente (che tutto illumina e spiega) del sistema. Sono soggetti con un'anima privata, talmente privata e individuale che non ne si può neppure parlare, e un corpo e una psiche talmente pubblici che tutto è già spiegato scientificamente, come fosse un robot o un software.
Ma davanti a tutto questo sento ancora l'emozione crescere dalle gambe stanche dopo una cima; sento la bellezza assoluta battermi in petto mentre racconto alla mia amata, come in una poesia, il rumore dei ramponi sul ghiaccio.
L'amore autentico mi rigetta "io", nella mia unità, col mio spirito, nel mondo.
Risento allora ciò che io sono, nel mio studio quotidiano, in un bicchiere di vino, nei momenti d'amore con la mia ragazza, nella notte quando solo mi metto a pensare o nelle discussioni con un amico. Risento l'io che non è animalesco, ma gettato nel mondo con una domanda, la domanda che sempre risuona in ogni mio passo. La domanda che non è nè pubblica nè privata, ma mia, mia nel mio essere pubblico e privato. Privata perchè è un chiedere di me e un progressivo sapere me, crescere me, prendere consapevolezza. Pubblica perchè è quell'affacciarsi al mondo, perchè in esso stesso io sono e in esso io mi costituisco vivendo. Io sono la traccia che sempre s'imprime camminando sul mondo e io sono anche quella domanda che sempre è rivolta al mondo.
Quella domanda che è ciò che sempre ci fa fare un nuovo passo, che ci muove alla ricerca di una risposta. Quella domanda che poi è quello stesso amore che mi porta a salire le montagne, a voler accanto la mia amata, a fare filosofia. Quella domanda che è il desiderio, cioè il motore stesso del vivere, ciò che dà sempre dinamicità nella dialettica (platonica) continua del vivere il mondo.
La domanda, il desiderio, deve sempre portarci a cercare una risposta ma in un moto autentico, senza accontentarci delle strutture del sistema, ma vivendo la vita nella sua autenticità.
A questo punto allora la domanda è: che cos'è la vita autentica? Che poi è la stessa domanda platonica del: che cos'è viver bene?
La risposta a tale domanda è il grande mistero della vita stessa. Ma la ricerca della risposta a una tale domanda è proprio ciò che sempre ci deve muovere, il desiderio consapevole nella domanda è ciò che ci fa essere uomini in cammino.
Questa domanda è infatti quella stessa domanda di cui abbiamo detto sopra. Quella domanda che, venendo posta, dà vita alla filosofia. Un cercare che, nella ricerca dell'autenticità (Platone direbbe del Bene), già ci avvia ad essa. Camminando consapevoli del nostro stato di ricercatori, in preda ad un amore autentico che è un amare consapevole, non viviamo né come belve istintuali né come macchine ad altissima tecnologia, ma come uomini desideranti che chiedono di sé nel mondo. E già questo è vivere autenticamente ricordando di essere uomini.
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