foto: Pietro Galli, i Crochi e il Corno Bianco, Maggio 2008
O muse dai boschi e dai ruscelli
a me ispirate un dolce canto
per il cupo cor della trista gente
che possa un occhio rialzar al cielo.
Lodare voglio la somma bellezza
di Soreghina amata dai monti
che scalza sempre cantava beata
per selve, valli e possenti cime.
I lunghi capelli suoi castani
sempre mossi eran da fresca brezza
e gli occhi lucidi e splendenti
pieni erano delle alte stelle
Rossa quercia e candida betulla
facean da casa a Soreghina
e l’ornavano mille bianchi fiori
e cinguettii di gaii uccellini.
Dolce scendeva la veste di rose
come le fronde dei pini d’estate
dando profumo a l’aria leggera
ondeggiando al soffio del mattino.
Fra le cime la vedean tre lune
e in quei giorni il ciel nevicava
tingendo col bianco soffice manto
creste, passi e altissime vette
Ella correndo su e giù dai pendii
mai sprofondava e mai cadde
ma dalla neve lievemente retta
lasciava questa vergine e bianca.
Arrivata poi su qualche pizzo
lo sguardo volgeva ai forti monti,
con fresco sorriso l’azzurro cielo
mirava al soffiar del vivace vento
E ancor per creste sottili correva
saltando fra rocce e duro ghiaccio
con passo lieve da lesto camoscio,
con la fierezza del falco leggero.
Candida piano scendeva la neve
e le copriva il bianco vestito,
il suo canto il vento seguiva
verso le alte ghiacciate pareti.
Col lento venir de la primavera
quando con dolce incanto il ghiaccio
pian piano ritorna acqua scrosciante
e gioiosi risbucano i fiori
Soreghina bella giù nella valle
coi piedi nudi venia correndo
per risvegliare soffici petali
e pian richiamare pigre marmotte.
Allor farfalle di mille colori,
salutando il sole sorridente,
per l’aria leggera e profumata
allegre volavano fra le cinzie.
E la dolce sua voce da fanciulla
andando a baciare tronchi stanchi
dai rami scrollava la grave neve
riscoprendo nascenti verdi aghi.
La veste leggera e colorata
coperta da fiori d’ogni profumo
lievemente era dal vento mossa
e pian con questo sembrava danzare.
Portando profumi e nuovi canti
cara giunge l’estate col più bel sol
che ben su in alto conduce il cuor
al richiamar delle splendide vette
Questo chiamar che si dolce arriva
di Soreghina è la melodia
che dama dei monti sempre splendenti
gaia cantava alle sue cime.
Il grande splendore della fanciulla
in questa stagione più scintillava
e’l paradiso lieto d’intorno
riempito venia tutto d’amore.
Pura la sua selvaggia bellezza
si diffondeva per rocce e valli
dai rododendri soffici in fiore
ai bianchi petali degl’alti picchi.
Nelle più magiche notti di luglio
nuda nuotar nelle limpide fonti
di lontano scorger la si poteva
sotto lo sguardo dell’argentea luna
Quando d’autunno il tintinnio,
gaio pittore di mille colori,
in compagnia del libero vento
corre dai passi alla vallata
Tutta bagnata da la lieve pioggia
ai boschi andava la bella dama
seguendo l’incanto della stagione
che più s’infiamma tra antichi rami
Allor fra foglie di giovani felci
dei timidi funghi tra le radici
distribuiva i selvaggi profumi
per grigie rocce lichene dimore.
Coi piedi molli sul tenero muschio
volar sembrava la figlia del sole,
tingeva le chiome la sua magia
baciando l’erica fresca fanciulla
Giallo, castano, rosso vero fuoco,
il soffio leggero del suo mantello
dolce chiamava le foglie danzanti e
via le cullava con brezza fatata.
O muse dai boschi e dai ruscelli
a me ispirate un dolce canto
per il cupo cor della trista gente
che possa un occhio rialzar al cielo.
Lodare voglio la somma bellezza
di Soreghina amata dai monti
che scalza sempre cantava beata
per selve, valli e possenti cime.
I lunghi capelli suoi castani
sempre mossi eran da fresca brezza
e gli occhi lucidi e splendenti
pieni erano delle alte stelle
Rossa quercia e candida betulla
facean da casa a Soreghina
e l’ornavano mille bianchi fiori
e cinguettii di gaii uccellini.
Dolce scendeva la veste di rose
come le fronde dei pini d’estate
dando profumo a l’aria leggera
ondeggiando al soffio del mattino.
Fra le cime la vedean tre lune
e in quei giorni il ciel nevicava
tingendo col bianco soffice manto
creste, passi e altissime vette
Ella correndo su e giù dai pendii
mai sprofondava e mai cadde
ma dalla neve lievemente retta
lasciava questa vergine e bianca.
Arrivata poi su qualche pizzo
lo sguardo volgeva ai forti monti,
con fresco sorriso l’azzurro cielo
mirava al soffiar del vivace vento
E ancor per creste sottili correva
saltando fra rocce e duro ghiaccio
con passo lieve da lesto camoscio,
con la fierezza del falco leggero.
Candida piano scendeva la neve
e le copriva il bianco vestito,
il suo canto il vento seguiva
verso le alte ghiacciate pareti.
Col lento venir de la primavera
quando con dolce incanto il ghiaccio
pian piano ritorna acqua scrosciante
e gioiosi risbucano i fiori
Soreghina bella giù nella valle
coi piedi nudi venia correndo
per risvegliare soffici petali
e pian richiamare pigre marmotte.
Allor farfalle di mille colori,
salutando il sole sorridente,
per l’aria leggera e profumata
allegre volavano fra le cinzie.
E la dolce sua voce da fanciulla
andando a baciare tronchi stanchi
dai rami scrollava la grave neve
riscoprendo nascenti verdi aghi.
La veste leggera e colorata
coperta da fiori d’ogni profumo
lievemente era dal vento mossa
e pian con questo sembrava danzare.
Portando profumi e nuovi canti
cara giunge l’estate col più bel sol
che ben su in alto conduce il cuor
al richiamar delle splendide vette
Questo chiamar che si dolce arriva
di Soreghina è la melodia
che dama dei monti sempre splendenti
gaia cantava alle sue cime.
Il grande splendore della fanciulla
in questa stagione più scintillava
e’l paradiso lieto d’intorno
riempito venia tutto d’amore.
Pura la sua selvaggia bellezza
si diffondeva per rocce e valli
dai rododendri soffici in fiore
ai bianchi petali degl’alti picchi.
Nelle più magiche notti di luglio
nuda nuotar nelle limpide fonti
di lontano scorger la si poteva
sotto lo sguardo dell’argentea luna
Quando d’autunno il tintinnio,
gaio pittore di mille colori,
in compagnia del libero vento
corre dai passi alla vallata
Tutta bagnata da la lieve pioggia
ai boschi andava la bella dama
seguendo l’incanto della stagione
che più s’infiamma tra antichi rami
Allor fra foglie di giovani felci
dei timidi funghi tra le radici
distribuiva i selvaggi profumi
per grigie rocce lichene dimore.
Coi piedi molli sul tenero muschio
volar sembrava la figlia del sole,
tingeva le chiome la sua magia
baciando l’erica fresca fanciulla
Giallo, castano, rosso vero fuoco,
il soffio leggero del suo mantello
dolce chiamava le foglie danzanti e
via le cullava con brezza fatata.
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