foto: Ruggero Bontempi, Spedizione Umana Dimora al Rwenzori, Giugno 2006
Lentamente muore chi diventa schiavo dell'abitudine,
ripetendo ogni giorno gli stessi percorsi,
chi non cambia la marca,
chi non rischia di vestire un colore nuovo,
chi non parla a chi non conosce.
Muore lentamente chi evita una passione,
chi preferisce il nero su bianco
e i puntini sulle "i"
piuttosto che un insieme di emozioni,
proprio quelle che fanno brillare gli occhi,
quelle che fanno di uno sbadiglio un sorriso,
quelle che fanno battere il cuore
davanti all'errore e ai sentimenti.
Lentamente muore
chi non capovolge il tavolo,
quando è infelice sul lavoro,
chi non rischia la certezza per l'incertezza,
per inseguire un sogno,
chi non si permette almeno una volta nella vita
di fuggire ai consigli sensati.
Lentamente muore
chi non viaggia,
chi non legge,
chi non ascolta musica,
chi non trova grazia in se stesso.
Muore lentamente chi distrugge l'amor proprio,
chi non si lascia aiutare.
Muore lentamente
chi passa i giorni a lamentarsi della propria sfortuna
o della pioggia incessante.
Lentamente muore
chi abbandona un progetto prima di iniziarlo,
chi non fa domande sugli argomenti che non conosce,
chi non risponde quando gli chiedono qualcosa che conosce.
Evitiamo la morte a piccole dosi,
ricordando sempre che essere vivo
richiede uno sforzo di gran lunga maggiore del semplice fatto di respirare.
Soltanto l'ardente pazienza
portera' al raggiungimento di una splendida felicita'.
giovedì 1 novembre 2007
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2 commenti:
Perchè non metti anche l'introduzione che ci hai mandato?
Così si capisce dove vuoi arrivare e spieghi il collegamento con il tuo concetto di formalità... che a furia di ripeterlo ormai è entato a far parte anche delle mie bestemmie!!!
Discutendo ho cercato spesso di mettere in luce quella che ho individuato come la formalità.
La formalità che è l'oblio della vita, la fine della creatività, la morte della spinta filosofica.
Formalità che è quello schema che ci blocca nella nostra attività di continuo cammino, che ci dice le cose come stanno rendendoci passivi davanti a significati precostituiti.
Formalità che è l'amore scritto, l'amore del "così si è detto", l'amore che ha smesso di respirare per rendersi cosa decisa.
Ieri, passeggiando per le campagne rivestite del rosso autunnale, sono inciampato in un verso di Pablo Neruda:
"prima della parrucca erano i fiumi arteriali"
continuamente questo mio Amico ripete questa frase, ma solo ieri ne ho capito il senso profondo e così vicino alla nostra filosofia.
Tornato a casa ho ripreso "Ode alla vita" di Neruda e ho capito che qui sta già descritto, meglio che in qualsiasi tractatus, ciò che è l'atteggiamento degli "Spiriti Liberi" davanti alla formalità.
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