venerdì 29 maggio 2015

Ricordi solitari (il Duca)

Siamo a fine maggio, sono passati solo due mesi da quando ho scattato quelle foto. Ora le riguardo e sembrano di un’eternità fa.
E’ strano come il tempo a volte ci sfugga di mano, faccia strani giochi. A pensare a quei due mesi i fatti che li hanno percorsi sono allacciati, le cose scorrono una sull’altra con linearità. Ma a riguardare la scalata della nord del Mengol sembrano passati anni.
Eppure ogni scatto lo ricordo perfettamente e mi ridà come una fulminata, risento su per la schiena la sensazione di allora. Non sono grandi scatti, solo frettolosi frammenti di una giornata di inizio primavera. Frammenti di una scalata solitaria, che come tutte le solitarie è ricca di sensazioni intense, uniche.
Ricordo la partenza in macchina, col freddo della mattina. La musica a tutto volume per pensare un po’ meno a quella percezione appiccicosa: “che accidenti sto facendo?!”. Il giorno prima mi ero sentito con Ale e Mario, entrambi mi avevano messo in guardia dalle scariche e dalle slavine: “Occhio che non diventi un’altra via del dubbio!” “Se le condizioni non sono buone non fare cazzate e torna indietro”.
Ricordo la soddisfazione di aver parcheggiato, con l’alba che sbocciava e nessuno a chiedermi il pagamento. Poi i primi passi su per l’asfalto e poi la neve. Faceva freddo, l’inverno era finito da meno di una settimana, ma già la primavera aveva cosparso il bosco dei suoi profumi.
Avevo una fretta maledetta, avevo voglia di vedere la parete, di scoprire come era messo il Mengol. Passo via il rifugio Bagozza e mi inoltro nella conca dei Campelli. Gli abeti in ombra ancora mi coprono la visuale, la strada è lastricata da neve bella dura. Poi ecco ergersi bellissimo il Cimon della Bagozza e alla sua sinistra la mia montagna!
Non è stata la scalata del secolo, sicuramente no. Però è stata una gran bella scalata. L’avvicinamento è stato su neve buona, come la prima parte del canale. Poi le condizioni non erano delle migliori: il primo salto di roccia vetrato, la parte superiore del canale con neve non portante. Ricordo benissimo quanto ho dannato per attaccare le rocce della parete, là dove termina in canale; con una sorta di crepaccia terminale che si formava tra le roccette strapiombanti e la neve molle.
E in ultimo lo sperone finale, con le sottili lame di neve e la roccia piena della spolverata di fine inverno. Però che esaltazione, con quella esposizione sul vuoto, solo, con il silenzio del vento a farmi compagnia. Cercare il passaggio su per lo sperone verticale, scavando nella neve per liberare un appiglio, grattando col piede per incastrare un rampone. E poi la cima…
Una delle foto che più mi ricordano la bellezza di quella giornata è però una delle ultime. Una brutta foto sbiadita, che i miei studenti chiamerebbero selfie. Sono io sdraiato sotto ad un larice dopo la scalata. C’era giusto un cerchio di prato fiorito sotto l’albero, tutto intorno la neve. Mi sono messo lì, in maniche corte, tra l’ombra e il sole al caldo, ormai fuori dal cono di freddo dei versanti nord. Ho mangiato lì e senza fronzoli mi sono reso conto di una cosa semplicissima: di essere felice.

2 commenti:

Mario Spinola ha detto...

Caro Stefano, amico di scalate, di risate e anche riflessioni profonde sulla vita; i tuoi racconti sono sempre emozionanti.
Ma ora che succede?
Mi passi dal pubblicare racconti e foto sulle scalate vissute la settimana prima, al pubblicare i "ricordi" di scalate passate?
Questo perchè obbiettivamente in montagna ci vieni di meno!
Ricordo quando eri il Sala con la S maiuscola, colui che già dall' inizio settimana guardava le temperature e i meteo e proponeva canali e creste per il week-end a venire...un po' come ancora faccio io ora.
Forse il Sala di una volta si è trasformato.
Forse il sala di adesso sta diventando più filosofo, soffermandosi sulle scalate passate, intento a scrivere bei passi di letteratura di montagna.
Forse il sala di adesso ha capito di dover dedicare più tempo alla sua amata.
Forse il sala attuale si vuole riposare.
Non lo so...
Ma non è più il Sala che conoscevo, di qualche mese fa; con la S maiuscola.
Mi manca quell' enfasi, quella verve, dello Stefano trascinatore che non c'è più.
Forse sarà solo una mia impressione.
Forse sto sbagliando io.
Ma non è solo mia l'impressione che ultimamente tu sia un po "sparito", non nel vero senso della parola, ma nel senso che ora venga prima qualcos'altro e poi la montagna.
Se così fosse, spero che non lo sia per colpa del lavoro o perchè stai invecchiando, ma per la tua Cinzia...perchè sarebbe l' unico motivo per il quale ti capirei e anzi ne sarei molto felice.
Questo papiro dal tuo amico Mario, viene dal cuore e viene perchè sono un po' preoccupato del mio spavaldo condottiero Sala, ora "ridimensionato".
Domani io e Lallo andiamo a fare il canale Nord-Ovest del Pizzo di Coca, una delle varie nòrd proposte in settimana, ma tu, come spesso succede ultimamente, non ti sei fatto neanche sentire...
Vedi, è questo che sembra strano.
Rivoglio il Sala con la S maiuscola, per quanto possibile. Sempre bravo nel trasmettere con le parole quelle emozioni che in montagna, anche grazie e sopratutto a te, sappiamo vivere insieme.

Mario

Il Duca ha detto...

Ciao Mario, in realtà non ho diminuito il mio andare in montagna (ci vado bene o male tutte le settimane) solo che negli ultimi due mesi ho abbassato il tiro. Sarà che da un po' non ci sono previsioni meteo stabili (anche tu hai ripiegato spesso sulla falesia), sarà che purtroppo il lavoro a volte mi spezza i fine settimana (anche questo sabato ho lavorato, l'ho detto a Lallo).
Certamente ho deciso di passare più tempo con la Cinzia, visto che vivere lontani rende le cose difficili e abbiamo bisogno e voglia di stare insieme. Anche il viaggio che faremo quest'estate va in questa direzione.
Di fatto però la montagna non l'ho mollata, non potrei mai. Ieri sono andato con lei in Val d'Aosta e abbiamo salito la Becca di Trecarè e la Bec de Nana. Non sono grandi pareti di ghiaccio, né esposte creste di misto, ma sentieri, valli verdi e qualche semplice salto di roccia. Però la montagna è bella godersela anche così, con le nubi che lasciano intravedere Rosa e Cervino e il sole che fa brillare i torrenti.
Questo non vuol dire che ho abbandonato il grande alpinismo, sto solo accarezzando un altro aspetto della montagna. Presto tornerò a fare le cose in grande, garantito!

Stefano