Quante volte sono
arrivato in cima alla Grignetta? Proprio là dove c'è il
bivacco-ufo, la croce dei Ragni, il vecchio deposito del Guido?
Saranno almeno una trentina, con tutte le condizioni: d'estate con
l'afa, d'inverno con la neve; con la pioggia, il vento, il sole che
splende sul calcare bianco, candido come il Duomo di Milano.
Sono salito da vie
diverse: di ghiaccio con le slavine che rombano, di roccia con le
mani spellate; dal sentiero, da solo, con gli amici, il cane, la
morosa, la famiglia.
La Grignetta è come la
casa della nonna, ogni tanto si torna a trovarla. Tutto è
assolutamente famigliare e riaccende ricordi mai dimenticati, ma allo
stesso tempo sa regalare sempre qualcosa di nuovo. Si può provare ad
andare ad esplorare anfratti mai percorsi, ma quando poi ci di
affaccia a quell'altare di pietra che ne costituisce la vetta, ci si
accorge che si è sempre lì: a casa.
Ricordo benissimo la
seconda volta che sono arrivato in cima, la prima volta che ho
salito il Canale Porta. Avevo una decina d'anni ed ero con mio
papà.
Sulle spalle uno
zaino molto più spesso di me e nel cuore l'emozione di
salire legato ad una corda. Ricordo la bellezza di appoggiare le mie
mani su quel calcare magico, mentre la sera si avvicinava abbracciando
le guglie di quel mondo incantato. Dormimmo nel bivacco avvolti nei
nostri sacchi a pelo e la mattina c'era fuori il Guido, in canottiera, che fischiettava facendo su il cemento.
Nella vita ci sono tanti
momenti in cui ci si sente persi, ma basta che si dissolva un
po' la foschia e dalla pianura la si vede proprio là: la Grignetta.
Basta un po' di buona volontà e si può andare a trovarla, come si
va a trovare la vecchia nonna. E questo è certo confortante.